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In memoria di Chalear

In memoria di Chalear

Carissime/i,

abbiamo appreso in questi giorni che è morta Chalear, una delle fondatrici del gruppo di artigianato di Bhabarpara – Bangladesh, a lungo presidente della cooperativa.

Vogliamo ricordarla insieme a tutti voi come protagonista e pioniera del commercio equo e solidale con profonda stima e affetto.

L’abbiamo conosciuta durante i viaggi annuali e molti di voi ebbero occasione di incontrarla quando venne in Italia nel 1999 durante l’assemblea mondiale del commercio equo a Milano e visitò diverse botteghe e centrali di importazione con padre Giovanni Abbiati.

Iniziò l’attività dell’artigianato nel 1977 con un gruppo di donne per lavorare la juta e realizzare sottopentola, tappeti, amache, shike (portavasi da appendere al soffitto) ed altro ancora.

Un lavoro faticoso dove gli unici strumenti sono un ago e la juta e tutto viene intrecciato a mano, senza telai.

 

Era una giovane donna musulmana, analfabeta, scappata dalla casa del secondo marito. Una vergogna per la propria famiglia, che la rifiutò. Soltanto il nonno la prese con sé, dicendole di trovarsi un lavoro. A quel punto le possibilità erano due: andare a lavorare a giornata in un campo (riso o iuta), andare a servizio presso una casa di benestanti. In entrambi i casi il suo salario sarebbe stato un pasto caldo e nulla di più. Si rivolse a padre Giovanni missionario presso il villaggio, per chiedere se fosse a conoscenza di qualcuno in città in grado di accoglierla come donna a servizio. Si ritrovò invece con un'offerta ben diversa: ricevere un piccolo prestito, frequentare un corso e imparare a lavorare la iuta. Si unì così ad un gruppetto di quattro donne.

Quando Chalear raccontava la sua storia diceva: "non avevo niente da perdere, così ho imparato a lavorare la iuta".

 

Le sue parole, ci restituiscono molto bene il senso dell’attività:

“…noi venendo qui a lavorare insieme abbiamo cominciato a capire molte cose. Anche questo è stato un grande vantaggio. Abbiamo capito la nostra situazione”.

Il “lavoro della juta”, come anche intrecciare la palma e ricamare, consente alle donne di conciliare un’attività generatrice di reddito con la cura della casa e dei figli, poiché i prodotti vengono realizzati nelle case o nei cortili: non è difficile vedere gruppetti di donne, nei loro coloratissimi sari, sedute a lavorare e chiacchierare, con i figli che giocano vicino a loro. Le donne coinvolte nel lavoro cominciano ad acquisire anche qualche libertà in più, come, ad esempio, allontanarsi da casa per portare il lavoro al magazzino, e questa libertà, unita ad un’acquisizione di consapevolezza, genera qualche preoccupazione negli uomini, come ben evidenziato dalle parole di Giovanni:

“C’era già un gruppo di loro piuttosto contrario al lavoro della juta, perché mette la donna in una posizione di efficienza nella famiglia che rende inquieti gli uomini. Alcuni mi dicevano già che non potevano più alzare troppo la voce con le mogli, perché queste rinfacciavano loro che si mantenevano da sole. (…) Intuivo che il lavoro della juta avrebbe portato dei cambiamenti di mentalità nelle donne e nel villaggio, ma una rivoluzione sociale con relativa reazione così manifesta non me l’aspettavo. E varie persone per bene vengono a chiedermi di prendere in mano di forza il lavoro della juta o addirittura di chiuderlo (…) significa che gli uomini si sentono sfuggire di pugno le donne, perdono la loro autorità sulle donne”. È tanto complesso quanto importante.

“Lo pensavo anche prima, ma adesso ne ho avuto una chiara prova. Il lavoro della juta non è un semplice dare lavoro a delle donne, per migliorare la loro condizione economica. Ma implica un cambiamento psicologico, morale, sociale che è quasi impossibile misurare. E alle volte mi chiedo se sono matto, o irresponsabile a iniziare un processo simile.”

 

In occasione della permanenza nel 2000 nel villaggio di Bhabarpara Sandra Endrizzi chiese a Chalear:

“Sono trent’anni che lavori la juta, non sei stanca? Non vorresti riposarti o cercare qualcos’altro?” In tutta risposta disse: “io nel mio lavoro sono libera”

Data

19 FEBBRAIO 2018

Informazioni

In questa sezione proponiamo tutte le notizie relative alla Cooperativa LA BOTTEGA DELLA SOLIDARIETÀ.